Страница:
onde Amor m'avento gia mille strali,
perch'alquanti di lor non fur mortali:
ch'e bel morir, mentre la vita e dextra.
Ma 'l sovrastar ne la pregion terrestra
cagion m'e, lasso, d'infiniti mali;
et piu mi duol che fien meco immortali,
poi che l'alma dal cor non si scapestra.
Misera, che devrebbe esser accorta
per lunga experientia omai che 'l tempo
non e chi 'ndietro volga, o chi l'affreni.
Piu volte l'o con ta' parole scorta:
Vattene, trista, che non va per tempo
chi dopo lassa i suoi di piu sereni.
Si tosto come aven che l'arco scocchi,
buon sagittario di lontan discerne
qual colpo e da sprezzare, et qual d'averne
fede ch'al destinato segno tocchi:
similmente il colpo de' vostr'occhi,
donna, sentiste a le mie parti interne
dritto passare, onde conven ch'eterne
lagrime per la piaga il cor trabocchi.
Et certo son che voi diceste allora:
Misero amante, a che vaghezza il mena?
Ecco lo strale onde Amor vol che mora.
Ora veggendo come 'l duol m'affrena,
quel che mi fanno i miei nemici anchora
non e per morte, ma per piu mia pena.
Poi che mia speme e lunga a venir troppo,
et de la vita il trappassar si corto,
vorreimi a miglior tempo esser accorto,
per fuggir dietro piu che di galoppo;
et fuggo anchor cosi debile et zoppo
da l'un de' lati, ove 'l desio m'a storto:
securo omai, ma pur nel viso porto
segni ch'i'o presi a l'amoroso intoppo.
Ond'io consiglio: Voi che siete in via,
volgete i passi; et voi ch'Amore avampa,
non v'indugiate su l'extremo ardore;
che perch'io viva de mille un no scampa;
era ben forte la nemica mia,
et lei vid'io ferita in mezzo 'l core.
Fuggendo la pregione ove Amor m'ebbe
molt'anni a far di me quel ch'a lui parve,
donne mie, lungo fora a ricontarve
quanto la nova liberta m'increbbe.
Diceami il cor che per se non saprebbe
viver un giorno; et poi tra via m'apparve
quel traditore in si mentite larve
che piu saggio di me inganato avrebbe.
Onde piu volte sospirando indietro
dissi: Ohime, il giogo et le catene e i ceppi
eran piu dolci che l'andare sciolto.
Misero me, che tardo il mio mal seppi;
et con quanta faticha oggi mi spetro
de l'errore, ov'io stesso m'era involto!
Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
che 'n mille dolci nodi gli avolgea,
e l'vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi, ch'or ne son si scarsi;
e 'l viso di pietosi color' farsi,
non so se vero o falso, mi parea:
i' che l'esca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di subito arsi?
Non era l'andar suo cosa mortale,
ma d'angelica forma; et le parole
sonavan altro, che pur voce humana.
Uno spirito celeste, un vivo sole
fu quel ch'i'vidi: et se non fosse or tale,
piagha per allentar d'arco non sana.
La bella donna che cotanto amavi
subitamente s'e da noi partita,
et per quel ch'io ne speri al ciel salita,
si furon gli atti suoi dolci soavi.
Tempo e da ricovrare ambo le chiavi
del tuo cor, ch'ella possedeva in vita,
et seguir lei per via dritta expedita:
peso terren non sia piu che t'aggravi.
Poi che se' sgombro de la maggior salma,
l'altre puoi giuso agevolmente porre,
sallendo quasi un pellegrino scarco.
Ben vedi omai si come a morte corre
ogni cosa creata, et quanto all'alma
bisogna ir lieve al periglioso varco.
Piangete, donne, et con voi pianga Amore;
piangete, amanti, per ciascun paese,
poi ch'e morto collui che tutto intese
in farvi, mentre visse, al mondo honore.
Io per me prego il mio acerbo dolore,
non sian da lui le lagrime contese,
et mi sia di sospir' tanto cortese,
quanto bisogna a disfogare il core.
Piangan le rime anchor, piangano i versi,
perche 'l nostro amoroso messer Cino
novellamente s'e da noi partito.
Pianga Pistoia, e i citadin perversi
che perduto anno si dolce vicino;
et rallegresi il cielo, ov'ello e gito.
Piu volte Amor m'avea gia detto: Scrivi,
scrivi quel che vedesti in lettre d'oro,
si come i miei seguaci discoloro,
e 'n un momento gli fo morti et vivi.
Un tempo fu che 'n te stesso 'l sentivi,
volgare exemplo a l'amoroso choro;
poi di man mi ti tolse altro lavoro;
ma gia ti raggiuns'io mentre fuggivi.
E se 'begli occhi, ond'io me ti mostrai
et la dov'era il mio dolce ridutto
quando ti ruppi al cor tanta durezza,
mi rendon l'arco ch'ogni cosa spezza,
forse non avrai sempre il viso asciutto:
ch'i' mi pasco di lagrime, et tu 'l sai.
Quando giugne per gli occhi al cor profondo
l'imagin donna, ogni altra indi si parte,
et le vertu che l'anima comparte
lascian le menbra, quasi immobil pondo.
Et del primo miracolo il secondo
nasce talor, che la scacciata parte
da se stessa fuggendo arriva in parte
che fa vendetta e 'l suo exilio giocondo.
Quinci in duo volti un color morto appare,
perche 'l vigor che vivi gli mostrava
da nessun lato e piu la dove stava.
Et di questo in quel di mi ricordava,
ch'i' vidi duo amanti trasformare,
et far qual io mi soglio in vista fare.
Cosi potess'io ben chiuder in versi
i miei pensier', come nel cor gli chiudo,
ch'animo al mondo non fu mai si crudo
ch'i' non facessi per pieta dolersi.
Ma voi, occhi beati, ond'io soffersi
quel colpo, ove non valse elmo ne scudo,
di for et dentro mi vedete ignudo,
benche 'n lamenti il duol non si riversi.
Poi che vostro vedere in me risplende,
come raggio di sol traluce in vetro,
basti dunque il desio senza ch'io dica.
Lasso, non a Maria, non nocque a Pietro
la fede, ch'a me sol tanto e nemica;
et so ch'altri che voi nessun m'intende.
Io son de l'aspectar omai si vinto,
et de la lunga guerra de' sospiri,
ch'i' aggio in odio la speme e i desiri,
ed ogni laccio ond'e 'l mio core avinto.
Ma 'l bel viso leggiadro che depinto
porto nel petto, et veggio ove ch'io miri,
mi sforza; onde ne' primi empii martiri
pur son contra mia voglia risospinto.
Allor errai quando l'antica strada
di liberta mi fu precisa et tolta,
che mal si segue cio ch'agli occhi agrada;
allor corse al suo mal libera et sciolta:
ora a posta d'altrui conven che vada
l'anima che pecco sol una volta.
Ahi bella liberta, come tu m'ai,
partendoti da me, mostrato quale
era 'l mio stato, quando il primo strale
fece la piagha ond'io non guerro mai!
Gli occhi invaghiro allor si de' lor guai,
che 'l fren de la ragione ivi non vale,
perch'anno a schifo ogni opera mortale:
lasso, cosi da prima gli avezzai!
Ne mi lece ascoltar chi non ragiona
de la mia morte; et solo del suo nome
vo empiendo l'aere, che si dolce sona.
Amor in altra parte non mi sprona,
ne i pie' sanno altra via, ne le man' come
lodar si possa in carte altra persona.
Orso, al vostro destrier si po ben porre
un fren, che di suo corso indietro il volga;
ma 'l cor chi leghera, che non si sciolga,
se brama honore, e 'l suo contrario abhorre?
Non sospirate: a lui non si po torre
suo pregio, perch'a voi l'andar si tolga;
che, come fama publica divolga,
egli e gia la, che null'altro il precorre.
Basti che si ritrove in mezzo 'l campo
al destinato di, sotto quell'arme
che gli da il tempo, amor, vertute e 'l sangue,
gridando: D'un gentil desire avampo
col signor mio, che non po seguitarme,
et del non esser qui si strugge et langue.
Poi che voi et io piu volte abbiam provato
come 'l nostro sperar torna fallace,
dietro a quel sommo ben che mai non spiace
levate il core a piu felice stato.
Questa vita terrena e quasi un prato,
che 'l serpente tra' fiori et l'erba giace;
et s'alcuna sua vista agli occhi piace,
e per lassar piu l'animo invescato.
Voi dunque, se cercate aver la mente
anzi l'extremo di queta gia mai,
seguite i pochi, et non la volgar gente.
Ben si puo dire a me: Frate, tu vai
mostrando altrui la via, dove sovente
fosti smarrito, et or se' piu che mai.
Quella fenestra ove l'un sol si vede,
quando a lui piace, et l'altro in su la nona;
et quella dove l'aere freddo suona
ne' brevi giorni, quando borrea 'l fiede;
e 'l sasso, ove a' gran di pensosa siede
madonna, et sola seco si ragiona,
con quanti luoghi sua bella persona
copri mai d'ombra, o disegno col piede;
e 'l fiero passo ove m'agiunse Amore;
e lla nova stagion che d'anno in anno
mi rinfresca in quel di l'antiche piaghe;
e 'l volto, et le parole che mi stanno
altamente confitte in mezzo 'l core,
fanno le luci mie di pianger vaghe.
Lasso, ben so che dolorose prede
di noi fa quella ch'a nullo huom perdona,
et che rapidamente n'abandona
il mondo, et picciol tempo ne tien fede;
veggio a molto languir poca mercede,
et gia l'ultimo di nel cor mi tuona:
per tutto questo Amor non mi spregiona,
che l'usato tributo agli occhi chiede.
So come i di, come i momenti et l'ore,
ne portan gli anni; et non ricevo inganno,
ma forza assai maggior che d'arti maghe.
La voglia et la ragion combattuto anno
sette et sette anni; et vincera il migliore,
s'anime son qua giu del ben presaghe.
Cesare, poi che 'l traditor d'Egitto
li fece il don de l'onorata testa,
celando l'allegrezza manifesta,
pianse per gli occhi fuor si come e scritto;
et Hanibal, quando a l'imperio afflitto
vide farsi Fortuna si molesta,
rise fra gente lagrimosa et mesta
per isfogare il suo acerbo despitto.
Et cosi aven che l'animo ciascuna
sua passion sotto 'l contrario manto
ricopre co la vista or chiara or bruna:
pero, s'alcuna volta io rido o canto,
facciol, perch'i' non o se non quest'una
via da celare il mio angoscioso pianto.
Vinse Hanibal, et non seppe usar poi
ben la vittoriosa sua ventura:
pero, signor mio caro, aggiate cura,
che similmente non avegna a voi.
L'orsa, rabbiosa per gli orsacchi suoi,
che trovaron di maggio aspra pastura,
rode se dentro, e i denti et l'unghie endura
per vendicar suoi danni sopra noi.
Mentre 'l novo dolor dunque l'accora,
non riponete l'onorata spada,
anzi seguite la dove vi chiama
vostra fortuna dritto per la strada
che vi puo dar, dopo la morte anchora
mille et mille anni, al mondo honor et fama.
L'aspectata vertu, che 'n voi fioriva
quando Amor comincio darvi bataglia,
produce or frutto, che quel fiore aguaglia,
et che mia speme fa venire a riva.
Pero mi dice il cor ch'io in carte scriva
cosa, onde 'l vostro nome in pregio saglia,
che 'n nulla parte si saldo s'intaglia
per far di marmo una persona viva.
Credete voi che Cesare o Marcello
o Paolo od Affrican fossin cotali
per incude gia mai ne per martello?
Pandolfo mio, quest'opere son frali
a ll lungo andar, ma 'l nostro studio e quello
che fa per fama gli uomini immortali.
Mai non vo' piu cantar com'io soleva,
ch'altri no m'intendeva, ond'ebbi scorno;
et puossi in bel soggiorno esser molesto.
Il sempre sospirar nulla releva;
gia su per l'Alpi neva d'ogn' 'ntorno;
et e gia presso al giorno: ond'io son desto.
Un acto dolce honesto e gentil cosa;
et in donna amorosa anchor m'aggrada,
che 'n vista vada altera et disdegnosa,
non superba et ritrosa:
Amor regge suo imperio senza spada.
Chi smarrita a la strada, torni indietro;
chi non a albergo, posisi in sul verde;
chi non a l'auro, o 'l perde,
spenga la sete sua con un bel vetro.
I'die' in guarda a san Pietro; or non piu, no:
intendami chi po, ch'i' m'intend'io.
Grave soma e un mal fio a mantenerlo:
quando posso mi spetro, et sol mi sto.
Fetonte odo che 'n Po cadde, et morio;
et gia di la dal rio passato e 'l merlo:
deh, venite a vederlo. Or i' non voglio:
non e gioco uno scoglio in mezzo l'onde,
e 'ntra le fronde il visco. Assai mi doglio
quando un soverchio orgoglio
molte vertuti in bella donna asconde.
Alcun e che risponde a chi nol chiama;
altri, chi 'il prega, si delegua et fugge;
altri al ghiaccio si strugge;
altri di et notte la sua morte brama.
Proverbio "ama chi t'ama" e fatto antico.
I' so ben quel ch'io dico: or lass'andare,
che conven ch'altri impare a le sue spese.
Un' humil donna grama un dolce amico.
Mal si conosce il fico. A me pur pare
senno a non cominciar tropp'alte imprese;
et per ogni paese e bona stanza.
L'infinita speranza occide altrui;
et anch'io fui alcuna volta in danza.
Quel poco che m'avanza
fia chi nol schifi, s'i' 'l vo' dare a lui.
I' mi fido in Colui che 'l mondo regge,
et che' seguaci Suoi nel boscho alberga,
che con pietosa verga
mi meni a passo omai tra le Sue gregge.
Forse ch'ogni uom che legge non s'intende;
et la rete tal tende che non piglia;
et chi troppo assotiglia si scavezza.
Non fia zoppa la legge ov'altri attende.
Per bene star si scende molte miglia.
Tal par gran meraviglia, et poi si sprezza.
Una chiusa bellezza e piu soave.
Benedetta la chiave che s'avvolse
al cor, et sciolse l'alma, et scossa l'ave
di catena si grave,
e 'nfiniti sospir' del mio sen tolse!
La dove piu mi dolse, altri si dole,
et dolendo adolcisse il mio dolore:
ond'io ringratio Amore
che piu nol sento, et e non men che suole.
In silentio parole accorte et sagge,
e 'l suon che mi sottragge ogni altra cura,
et la pregione oscura ov'e 'l bel lume;
le nocturne viole per le piagge,
et le le fere selvagge entr'a le mura,
et la dolce paura, e 'l bel costume,
et di duo fonti un fiume in pace volto
dov'io bramo, et raccolto ove che sia:
Amor et Gelosia m'anno il cor tolto,
e i segni del bel volto
che mi conducon per piu piana via
a la speranza mia, al fin degli affanni.
O riposto mio bene, et quel che segue,
or pace or guerra or triegue,
mai non m'abbandonate in questi panni.
De' passati miei danni piango et rido,
perche molto mi fido in quel ch'i' odo.
Del presente mi godo, et meglio aspetto,
et vo contando gli anni, et taccio et grido.
E 'n bel ramo m'annido, et in tal modo
ch'i' ne ringratio et lodo il gran disdetto
che l'indurato affecto alfine a vinto,
et ne l'alma depinto "I sare' udito,
et mostratone a dito", et anne extinto
(tanto inanzi son pinto,
ch'i' 'l pur diro) "Non fostu tant'ardito":
chi m'a 'l fianco ferito, et chi 'l risalda,
per cui nel cor via piu che 'n carta scrivo;
chi mi fa morto et vivo,
chi 'n un punto m'agghiaccia et mi riscalda.
Nova angeletta sovra l'ale accorta
scese dal cielo in su la fresca riva,
la 'nd'io passava sol per mio destino.
Poi che senza compagna et senza scorta
mi vide, un laccio che di seta ordiva
tese fra l'erba, ond'e verde il camino.
Allor fui preso; et non mi spiacque poi,
si dolce lume uscia degli occhi suoi.
Non veggio ove scampar mi possa omai:
si lunga guerra i begli occhi mi fanno,
ch'i' temo, lasso, no 'l soverchio affanno
distruga 'l cor che triegua non a mai.
Fuggir vorrei; ma gli amorosi rai,
che di et notte ne la mente stanno,
risplendon si, ch'al quintodecimo anno
m'abbaglian piu che 'l primo giorno assai;
et l'imagine lor son si cosparte
che volver non mi posso, ov'io non veggia
o quella o simil indi accesa luce.
Solo d'un lauro tal selva verdeggia
che 'l mio adversario con mirabil arte
vago fra i rami ovunque vuol m'adduce.
Aventuroso piu d'altro terreno,
ov'Amor vidi gia fermar le piante
ver' me volgendo quelle luci sante
che fanno intorno a se l'aere sereno,
prima poria per tempo venir meno
un'imagine salda di diamante
che l'atto dolce non mi stia davante
del qual o la memoria e 'l cor si pieno:
ne tante volte ti vedro gia mai
ch'i' non m'inchini a ricercar de l'orme
che 'l bel pie' fece in quel cortese giro.
Ma se 'n cor valoroso Amor non dorme,
prega, Sennuccio mio, quand 'l vedrai,
di qualche lagrimetta, o d'un sospiro.
Lasso, quante fiate Amor m'assale,
che fra la notte e 'l di son piu di mille,
torno dov'arder vidi le faville
che 'l foco del mio cor fanno immortale.
Ivi m'acqueto; et son condotto a tale,
ch'a nona, a vespro, a l'alba et a le squille
le trovo nel pensier tanto tranquille
che di null'altro mi rimembra o cale.
L'aura soave che dal chiaro viso
move col suon de le parole accorte
per far dolce sereno ovunque spira,
quasi un spirto gentil di paradiso
sempre in quell'aere par che mi conforte,
si che 'l cor lasso altrove non respira.
Persequendomi Amor al luogo usato,
ristretto in guisa d'uom ch'aspetta guerra,
che si provede, e i passi intorno serra,
de' miei antichi pensier' mi stava armato.
Volsimi, et vidi un'ombra che da lato
stampava il sole, et riconobbi in terra
quella che, se 'l giudicio mio non erra,
era piu degna d'immortale stato.
I' dicea fra mio cor: Perche paventi?
Ma non fu prima dentro il penser giunto
che i raggi, ov'io mi struggo, eran presenti.
Come col balenar tona in un punto,
cosi fu' io de' begli occhi lucenti
et d'un dolce saluto inseme aggiunto.
La donna che 'l mio cor nel viso porta,
la dove sol fra bei pensier' d'amore
sedea, m'apparve; et io per farle honore
mossi con fronte reverente et smorta.
Tosto che del mio stato fussi accorta,
a me si volse in si novo colore
ch'avrebbe a Giove nel maggior furore
tolto l'arme di mano, et l'ira morta.
I' mi riscossi; et ella oltra, parlando,
passo, che la parola i' non soffersi,
ne 'l dolce sfavillar degli occhi suoi.
Or mi ritrovo pien di si diversi
piaceri, in quel saluto ripensando,
che duol non sento, ne senti' ma' poi.
Sennuccio, i' vo' che sapi in qual manera
tractato sono, et qual vita e la mia:
ardomi et struggo anchor com'io solia;
l'aura mi volve, et son pur quel ch'i'm'era.
Qui tutta humile, et qui la vidi altera,
or aspra, or piana, or dispietata, or pia;
or vestirsi honestate, or leggiadria,
or mansueta, or disdegnosa et fera.
Qui canto dolcemente, et qui s'assise;
qui si rivolse, et qui rattenne il passo;
qui co' begli occhi mi trafisse il core;
qui disse una parola, et qui sorrise;
qui cangio 'l viso. In questi pensier', lasso,
nocte et di tiemmi il signor nostro Amore.
Qui dove mezzo son, Sennuccio mio,
(cosi ci foss'io intero, et voi contento),
venni fuggendo la tempesta e 'l vento
c'anno subito fatto il tempo rio.
Qui son securo: et vo' vi dir perch'io
non come soglio il folgorar pavento,
et perche mitigato, nonche spento,
nemicha trovo il mio ardente desio.
Tosto che giunto a l'amorosa reggia
vidi onde nacque l'aura dolce et pura
ch'acqueta l'aere, et mette i tuoni in bando,
Amor ne l'alma, ov'ella signoreggia,
raccese 'l foco, et spense la paura:
che farrei dunque gli occhi suoi guardando?
De l'empia Babilonia, ond'e fuggita
ogni vergogna, ond'ogni bene e fori,
albergo di dolor, madre d'errori,
son fuggito io per allungar la vita.
Qui mi sto solo; et come Amor m'invita,
or rime et versi, or colgo herbette et fiori,
seco parlando, et a tempi migliori
sempre pensando: et questo sol m'aita.
Ne del vulgo mi cal, ne di Fortuna,
ne di me molto, ne di cosa vile,
ne dentro sento ne di fuor gran caldo.
Sol due persone cheggio; et vorrei l'una
col cor ver' me pacificato humile,
l'altro col pie', si come mai fu, saldo.
In mezzo di duo amanti honesta altera
vidi una donna, et quel signor co lei
che fra gli uomini regna et fra li dei;
et da l'un lato il Sole, io da l'altro era.
Poi che s'accorse chiusa da la spera
de l'amico piu bello, agli occhi miei
tutta lieta si volse, et ben vorrei
che mai non fosse inver' di me piu fera.
Subito in alleggrezza si converse
la gelosia che 'n su la prima vista
per si alto adversario al cor mi nacque.
A lui la faccia lagrimosa et trista
un nuviletto intorno ricoverse:
cotanto l'esser vinto li dispiacque.
Pien di quella ineffabile dolcezza
che del bel viso trassen gli occhi miei
nel di che volentier chiusi gli avrei
per non mirar gia mai minor bellezza,
lassai quel ch'i 'piu bramo; et o si avezza
la mente a contemplar sola costei,
ch'altro non vede, et cio che non e lei
gia per antica usanza odia et disprezza.
In una valle chiusa d'ogni 'ntorno,
ch'e refrigerio de' sospir' miei lassi,
giunsi sol com Amor, pensoso et tardo.
Ivi non donne, ma fontane et sassi,
et l'imagine trovo di quel giorno
che 'l pensier mio figura, ovunque io sguardo.
Se 'l sasso, ond'e piu chiusa questa valle,
di che 'l suo proprio nome si deriva,
tenesse volto per natura schiva
a Roma il viso et a Babel le spalle,
i miei sospiri piu benigno calle
avrian per gire ove lor spene e viva:
or vanno sparsi, et pur ciascuno arriva
la dov'io il mando, che sol un non falle.
Et son di la si dolcemente accolti,
com'io m'accorgo, che nessun mai torna:
con tal diletto in quelle parti stanno.
Degli occhi e 'l duol, che, tosto che s'aggiorna,
per gran desio de' be' luoghi a lor tolti,
danno a me pianto, et a' pie' lassi affanno.
Rimansi a dietro il sestodecimo anno
de' miei sospiri, et io trapasso inanzi
verso l'extremo; et parmi che pur dianzi
fosse 'l principio di cotanto affanno.
L'amar m'e dolce, et util il mio danno,
e 'l viver grave; et prego ch'egli avanzi
l'empia Fortuna, et temo no chiuda anzi
Morte i begli occhi che parlar mi fanno.
Or qui son, lasso, et voglio esser altrove;
et vorrei piu volere, et piu non voglio;
et per piu non poter fo quant'io posso;
e d'antichi desir' lagrime nove
provan com'io son pur quel ch'i' mi soglio,
ne per mille rivolte anchor son mosso.
Una donna piu bella assai che 'l sole,
et piu lucente, et d'altrettanta etade,
con famosa beltade,
acerbo anchor mi trasse a la sua schiera.
Questa in penseri, in opre et in parole
(pero ch'e de le cose al mondo rade),
questa per mille strade
sempre inanzi mi fu leggiadra altera.
Solo per lei tornai da quel ch'i' era,
poi ch'i' soffersi gli occhi suoi da presso;
per suo amor m'er'io messo
a faticosa impresa assai per tempo:
tal che, s'i'arrivo al disiato porto,
spero per lei gran tempo
viver, quand'altri mi terra per morto.
Questa mia donna mi meno molt'anni
pien di vaghezza giovenile ardendo,
si come ora io comprendo,
sol per aver di me piu certa prova,
mostrandomi pur l'ombra o 'l velo o' panni
talor di se, ma 'l viso nascondendo;
et io, lasso, credendo
vederne assai, tutta l'eta mia nova
passai contento, e 'l rimembrar mi giova,
poi ch'alquanto di lei veggi'or piu inanzi.
I'dico che pur dianzi
qual io non l'avea vista infin allora,
mi si scoverse: onde mi nacque un ghiaccio
nel core, et evvi anchora,
et sara sempre fin ch'i' le sia in braccio.
Ma non me 'l tolse la paura o 'l gielo
che pur tanta baldanza al mio cor diedi
ch'i' le mi strinsi a' piedi
per piu dolcezza trar de gli occhi suoi;
et ella, che remosso avea gia il velo
dinanzi a' miei, mi disse: " Amico, or vedi
com'io son bella, et chiedi
quanto par si convenga agli anni tuoi. "
" Madonna " dissi " gia gran tempo in voi
posi 'l mio amor, ch'i' sento or si infiammato,
ond'a me in questo stato
altro voler o disvoler m'e tolto. "
Con voce allor di si mirabil' tempre
rispose, et con un volto
che temer et sperar mi fara sempre:
Rado fu al mondo fra cosi gran turba
ch'udendo ragionar del mio valore
non si sentisse al core
per breve tempo almen qualche favilla;
ma l'adversaria mia che 'l ben perturba
tosto la spegne, ond'ogni vertu more
et regna altro signore
che promette una vita piu tranquilla.
De la tua mente Amor, che prima aprilla,
mi dice cose veramente ond'io
veggio che 'l gran desio
pur d'onorato fin ti fara degno;
et come gia se' de' miei rari amici,
donna vedrai per segno
che fara gli occhi tuoi via piu felici.
I' volea dir: " Quest'e impossibil cosa ";
quand'ella: " Or mira " et leva' gli occhi un poco
in piu riposto loco "
donna ch'a pochi si mostro gia mai. "
Ratto inchinai la fronte vergognosa,
sentendo novo dentro maggior foco;
et ella il prese in gioco,
dicendo: " I' veggio ben dove tu stai.
Si come 'l sol con suoi possenti rai
fa subito sparire ogni altra stella,
cosi par or men bella
la vista mia cui maggiore luce preme.
Ma io pero da' miei non ti diparto,
che questa et me d'un seme,
lei davanti et me poi, produsse un parto. "
Ruppesi intanto di vergogna il nodo
ch'a la mia lingua era distretto intorno
su nel primiero scorno,
allor quand'io del suo accorger m'accorsi;
e 'ncominciai: " S'egli e ver quel ch'i' odo,
beato il padre, et benedetto il giorno
ch'a di voi il mondo adorno,
et tutto 'l tempo ch'a vedervi io corsi;
et se mai da la via dritta mi torsi,
duolmene forte, assai piu ch'i' non mostro;
ma se de l'esser vostro
fossi degno udir piu, del desir ardo. "
Pensosa mi rispose, et cosi fiso
tenne il suo dolce sguardo
ch'al cor mando co le parole il viso:
" Si come piacque al nostro eterno padre,
ciascuna di noi due nacque immortale.
Miseri, a voi che vale?
Me' v'era che da noi fosse il defecto.
Amate, belle, gioveni et leggiadre
fummo alcun tempo: et or siam giunte a tale
che costei batte l'ale
per tornar a l'anticho suo ricetto;
i' per me sono un'ombra. Et or t'o detto
quanto per te si breve intender puossi. "
Poi che i pie' suoi fur mossi,
dicendo: " Non temer ch'i' m'allontani ",
di verde lauro una ghirlanda colse,
la qual co le sue mani
intorno intorno a le mie tempie avolse.
Canzon, chi tua ragion chiamasse obscura,
di': " Non o cura, perche tosto spero
ch'altro messaggio il vero
fara in piu chiara voce manifesto.
I' venni sol per isvegliare altrui,
se chi m'impose questo
non m'ingano, quand'io parti' da lui. "
Quelle pietose rime in ch'io m'accorsi
di vostro ingegno et del cortese affecto,
ebben tanto vigor nel mio conspetto
che ratto a questa penna la man porsi
per far voi certo che gli extremi morsi
di quella ch'io con tutto 'l mondo aspetto
mai non senti', ma pur senza sospetto
infin a l'uscio del suo albergo corsi;
poi tornai indietro, perch'io vidi scripto
di sopra 'l limitar che 'l tempo anchora
non era giunto al mio viver prescritto,
bench'io non vi legessi il di ne l'ora.
Dunque s'acqueti omai 'l cor vostro afflitto,
et cerchi huom degno, quando si l'onora.
Or vedi, Amor, che giovenetta donna
tuo regno sprezza, et del mio mal non cura,
et tra duo ta' nemici e si secura.
Tu se' armato, et ella in treccie e 'n gonna
si siede, et scalza, in mezzo i fiori et l'erba,
ver' me spietata, e 'n contra te superba.
I' son pregion; ma se pieta anchor serba
l'arco tuo saldo, et qualchuna saetta,
fa di te et di me, signor, vendetta.
Dicesette anni a gia rivolto il cielo
poi che 'mprima arsi, et gia mai non mi spensi;
ma quando aven ch'al mio stato ripensi,
sento nel mezzo de le fiamme un gielo.
Vero e 'l proverbio, ch'altri cangia il pelo
anzi che 'l vezzo, et per lentar i sensi
gli umani affecti non son meno intensi:
cio ne fa l'ombra ria del grave velo.
Oime lasso, e quando fia quel giorno
che, mirando il fuggir degli anni miei,
esca del foco, et di si lunghe pene?
Vedro mai il di che pur quant'io vorrei
quel'aria dolce del bel viso adorno
piaccia a quest'occhi, et quanto si convene?
Quel vago impallidir che 'l dolce riso
d'un'amorosa nebbia ricoperse,
con tanta maiestade al cor s'offerse
che li si fece incontr'a mezzo 'l viso.
Conobbi allor si come in paradiso
vede l'un l'altro, in tal guisa s'aperse
quel pietoso penser ch'altri non scerse:
ma vidil' io, ch'altrove non m'affiso.
Ogni angelica vista, ogni atto humile
che gia mai in donna ov'amor fosse apparve,
fora uno sdegno a lato a quel ch'i' dico.
Chinava a terra il bel guardo gentile,
et tacendo dicea, come a me parve:
Chi m'allontana il mio fedele amico?
Amor, Fortuna et la mia mente, schiva
di quel che vede e nel passato volta,
m'affligon si, ch'io porto alcuna volta
invidia a quei che son su l'altra riva.
Amor mi strugge 'l cor, Fortuna il priva
d'ogni conforto, onde la mente stolta
s'adira et piange: et cosi in pena molta
sempre conven che combattendo viva.
Ne spero i dolci di tornino indietro,
ma pur di male in peggio quel ch'avanza;
et di mio corso o gia passato 'l mezzo.
Lasso, non di diamante, ma d'un vetro
veggio di man cadermi ogni speranza,
et tutti miei pensier' romper nel mezzo.
Se 'l pensier che mi strugge,
com'e pungente et saldo,
cosi vestisse d'un color conforme,
forse tal m'arde et fugge,
ch'avria parte del caldo,
et desteriasi Amor la dov'or dorme;
men solitarie l'orme
foran de' miei pie' lassi
per campagne et per colli,
men gli occhi ad ognor molli,
ardendo lei che come un ghiaccio stassi,
et non lascia in me dramma
che non sia foco et fiamma.
Pero ch'Amor mi sforza
et di saver mi spoglia,
parlo in rime aspre, et di dolcezza ignude:
ma non sempre a la scorza
ramo, ne in fior, ne 'n foglia
mostra di for sua natural vertude.
Miri cio che 'l cor chiude
Amor et que' begli occhi,
ove si siede a l'ombra.
Se 'l dolor che si sgombra
aven che 'n pianto o in lamentar trabocchi,
l'un a me noce et l'altro
altrui, ch'io non lo scaltro.
Dolci rime leggiadre
che nel primiero assalto
d'Amor usai, quand'io non ebbi altr'arme,
chi verra mai che squadre
questo mio cor di smalto
ch'almen com'io solea possa sfogarme?
Ch'aver dentro a lui parme
un che madonna sempre
depinge et de lei parla:
a voler poi ritrarla
per me non basto, et par ch'io me ne stempre.
Lasso, cosi m'e scorso
lo mio dolce soccorso.
Come fanciul ch'a pena
volge la lingua et snoda,
che dir non sa, ma 'l piu tacer gli e noia,
cosi 'l desir mi mena
a dire, et vo' che m'oda
la dolce mia nemica anzi ch'io moia.
Se forse ogni sua gioia
nel suo bel viso e solo,
et di tutt'altro e schiva,
odil tu, verde riva,
e presta a' miei sospir' si largo volo,
che sempre si ridica
come tu m'eri amica.
Ben sai che si bel piede
non toccho terra unquancho
come quel di che gia segnata fosti;
onde 'l cor lasso riede
col tormentoso fiancho
a partir teco i lor pensier' nascosti.
Cosi avestu riposti
de' be' vestigi sparsi
anchor tra' fiori et l'erba,
che la mia vita acerba,
lagrimando, trovasse ove acquetarsi!
Ma come po s'appaga
l'alma dubbiosa et vaga.
Ovunque gli occhi volgo
trovo un dolce sereno
pensando: Qui percosse il vago lume.
Qualunque herba o fior colgo
credo che nel terreno
aggia radice, ov'ella ebbe in costume
gir fra le piagge e 'l fiume,
et talor farsi un seggio
fresco, fiorito et verde.
Cosi nulla se 'n perde,
et piu certezza averne fora il peggio.
Spirto beato, quale
se', quando altrui fai tale?
O poverella mia, come se' rozza!
Credo che tel conoschi:
rimanti in questi boschi.
Chiare, fresche et dolci acque,
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo ove piacque
(con sospir' mi rimembra)
a lei di fare al bel fiancho colonna;
herba et fior' che la gonna
leggiadra ricoverse
co l'angelico seno;
aere sacro, sereno,
ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse:
date udienza insieme
a le dolenti mie parole extreme.
S'egli e pur mio destino
e 'l cielo in cio s'adopra,
ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda,
qualche gratia il meschino
corpo fra voi ricopra,
et torni l'alma al proprio albergo ignuda.
La morte fia men cruda
se questa spene porto
a quel dubbioso passo:
che lo spirito lasso
non poria mai in piu riposato porto
ne in piu tranquilla fossa
fuggir la carne travagliata et l'ossa.
Tempo verra anchor forse
ch'a l'usato soggiorno
torni la fera bella et mansueta,
et la 'v'ella mi scorse
nel benedetto giorno,
volga la vista disiosa et lieta,
cercandomi; et, o pieta!,
gia terra in fra le pietre
vedendo, Amor l'inspiri
in guisa che sospiri
si dolcemente che merce m'impetre,
et faccia forza al cielo,
asciugandosi gli occhi col bel velo.
Da' be' rami scendea
(dolce ne la memoria)
una pioggia di fior' sovra 'l suo grembo;
et ella si sedea
humile in tanta gloria,
coverta gia de l'amoroso nembo.
Qual fior cadea sul lembo,
qual su le treccie bionde,
ch'oro forbito et perle
eran quel di a vederle;
qual si posava in terra, et qual su l'onde;
qual con un vago errore
girando parea dir: " Qui regna Amore. "
Quante volte diss'io
allor pien di spavento:
Costei per fermo nacque in paradiso.
Cosi carco d'oblio
il divin portamento
e 'l volto e le parole e 'l dolce riso
m'aveano, et si diviso
da l'imagine vera,
ch'i' dicea sospirando:
Qui come venn'io, o quando?;
credendo d'esser in ciel, non la dov'era.
Da indi in qua mi piace
questa herba si, ch'altrove non o pace.
Se tu avessi ornamenti quant'ai voglia,
poresti arditamente
uscir del boscho, et gir in fra la gente.
In quella parte dove Amor mi sprona
conven ch'io volga le dogliose rime,
che son seguaci de la mente afflicta.
Quai fien ultime, lasso, et qua' fien prime?
Collui che del mio mal meco ragiona
mi lascia in dubbio, si confuso ditta.
Ma pur quanto l'istoria trovo scripta
in mezzo 'l cor (che si spesso rincorro)
co la sua propria man de' miei martiri,
diro, perche i sospiri
parlando an triegua, et al dolor soccorro.
Dico che, perch'io miri
mille cose diverse attento et fiso,
sol una donna veggio, e 'l suo bel viso.
Poi che la dispietata mia ventura
m'a dilungato dal maggior mio bene,
noiosa, inexorabile et superba,
Amor col rimembrar sol mi mantene:
onde s'io veggio in giovenil figura
incominciarsi il mondo a vestir d'erba,
parmi vedere in quella etate acerba
la bella giovenetta, ch'ora e donna;
poi che sormonta riscaldando il sole,
parmi qual esser sole,
fiamma d'amor che 'n cor alto s'endonna;
ma quando il di si dole
di lui che passo passo a dietro torni,
veggio lei giunta a' suoi perfecti giorni.
In ramo fronde, over viole in terra,
mirando a la stagion che 'l freddo perde,
et le stelle miglior' acquistan forza,
ne gli occhi o pur le violette e 'l verde
di ch'era nel principio de mia guerra
Amor armato, si ch'anchor mi sforza,
et quella dolce leggiadretta scorza
che ricopria le pargolette membra
dove oggi alberga l'anima gentile
ch'ogni altro piacer vile
sembiar mi fa: si forte mi rimembra
del portamento humile
ch'allor fioriva, et poi crebbe anzi agli anni,
cagion sola et riposo de' miei affanni.
Qualor tenera neve per li colli
dal sol percossa veggio di lontano,
come 'l sol neve, mi governa Amore,
pensando nel bel viso piu che humano
che po da lunge gli occhi miei far molli,
ma da presso gli abbaglia, et vince il core:
ove fra 'l biancho et l'aureo colore,
sempre si mostra quel che mai non vide
occhio mortal, ch'io creda, altro che 'l mio;
et del caldo desio,
che, quando sospirando ella sorride,
m'infiamma si che oblio
niente aprezza, ma diventa eterno,
ne state il cangia, ne lo spegne il verno.
Non vidi mai dopo nocturna pioggia
gir per l'aere sereno stelle erranti,
et fiammeggiar fra la rugiada e 'l gielo,
ch'i' non avesse i begli occhi davanti
ove la stancha mia vita s'appoggia,
quali io gli vidi a l'ombra di un bel velo;
et si come di lor bellezze il cielo
splendea quel di, cosi bagnati anchora
li veggio sfavillare, ond'io sempre ardo.
Se 'l sol levarsi sguardo,
sento il lume apparir che m'innamora;
se tramontarsi al tardo,
parmel veder quando si volge altrove
lassando tenebroso onde si move.
Se mai candide rose con vermiglie
in vasel d'oro vider gli occhi miei
allor allor da vergine man colte,
veder pensaro il viso di colei
ch'avanza tutte l'altre meraviglie
con tre belle excellentie in lui raccolte:
le bionde treccie sopra 'l collo sciolte,
ov'ogni lacte perderia sua prova,
e le guancie ch'adorna un dolce foco.
Ma pur che l'ora un poco
fior' bianchi et gialli per le piaggie mova,
torna a la mente il loco
e 'l primo di ch'i' vidi a l'aura sparsi
i capei d'oro, ond'io si subito arsi,
Ad una ad una annoverar le stelle,
e 'n picciol vetro chiuder tutte l'acque,
forse credea, quando in si poca carta
novo penser di ricontar mi nacque
in quante parti il fior de l'altre belle,
stando in se stessa, a la sua luce sparta
a cio che mai da lei non mi diparta:
ne faro io; et se pur talor fuggo,
in cielo e'n terra m'ha rachiuso i passi,
perch'agli occhi miei lassi
sempre e presente, ond'io tutto mi struggo.
Et cosi meco stassi,
ch'altra non veggio mai, ne veder bramo,
ne 'l nome d'altra ne sospir' miei chiamo.
Ben sai, canzon, che quant'io parlo e nulla
al celato amoroso mio pensero,
che di et nocte ne la mente porto,
solo per cui conforto
in cosi lunga guerra ancho non pero:
che ben m'avria gia morto
la lontananza del mio cor piangendo,
ma quinci da la morte indugio prendo.
Italia mia, benche 'l parlar sia indarno
a le piaghe mortali
che nel bel corpo tuo si spesse veggio,
piacemi almen che ' miei sospir' sian quali
spera 'l Tevero et l'Arno,
e 'l Po, dove doglioso et grave or seggio.
Rettor del cielo, io cheggio
che la pieta che Ti condusse in terra
Ti volga al Tuo dilecto almo paese.
Vedi, Segnor cortese,
di che lievi cagion' che crudel guerra;
e i cor', che 'ndura et serra
Marte superbo et fero,
apri Tu, Padre, e 'ntenerisci et snoda;
ivi fa che 'l Tuo vero,
qual io mi sia, per la mia lingua s'oda.
Voi cui Fortuna a posto in mano il freno
de le belle contrade,
di che nulla pieta par che vi stringa,
che fan qui tante pellegrine spade?
perche 'l verde terreno
del barbarico sangue si depinga?
Vano error vi lusinga:
poco vedete, et parvi veder molto,
che 'n cor venale amor cercate o fede.
Qual piu gente possede,
colui e piu da' suoi nemici avolto.
O diluvio raccolto
di che deserti strani
per inondar i nostri dolci campi!
Se da le proprie mani
questo n'avene, or chi fia che ne scampi?
Ben provide Natura al nostro stato,
quando de l'Alpi schermo
pose fra noi et la tedesca rabbia;
ma 'l desir cieco, e 'ncontr'al suo ben fermo,
s'e poi tanto ingegnato,
ch'al corpo sano a procurato scabbia.
Or dentro ad una gabbia
fiere selvagge et mansuete gregge
s'annidan si che sempre il miglior geme:
et e questo del seme,
per piu dolor, del popol senza legge,
al qual, come si legge,
Mario aperse si 'l fianco,
che memoria de l'opra ancho non langue,
quando assetato et stanco
non piu bevve del fiume acqua che sangue.
Cesare taccio che per ogni piaggia
fece l'erbe sanguigne
di lor vene, ove 'l nostro ferro mise.
Or par, non so per che stelle maligne,
che 'l cielo in odio n'aggia:
vostra merce, cui tanto si commise.
Vostre voglie divise
guastan del mondo la piu bella parte.
Qual colpa, qual giudicio o qual destino
fastidire il vicino
povero, et le fortune afflicte et sparte
perseguire, e 'n disparte
cercar gente et gradire,
che sparga 'l sangue et venda l'alma a prezzo?
Io parlo per ver dire,
non per odio d'altrui, ne per disprezzo.
Ne v'accorgete anchor per tante prove
del bavarico inganno
ch'alzando il dito colla morte scherza?
Peggio e lo strazio, al mio parer, che 'l danno;
ma 'l vostro sangue piove
piu largamente, ch'altr'ira vi sferza.
Da la matina a terza
di voi pensate, et vederete come
tien caro altrui che tien se cosi vile.
Latin sangue gentile,
sgombra da te queste dannose some;
non far idolo un nome
vano senza soggetto:
che 'l furor de lassu, gente ritrosa,
vincerne d'intellecto,
peccato e nostro, et non natural cosa.
Non e questo 'l terren ch'i' toccai pria?
Non e questo il mio nido
ove nudrito fui si dolcemente?
Non e questa la patria in ch'io mi fido,
madre benigna et pia,
che copre l'un et l'altro mio parente?
Perdio, questo la mente
talor vi mova, et con pieta guardate
le lagrime del popol doloroso,
che sol da voi riposo
dopo Dio spera; et pur che voi mostriate
segno alcun di pietate,
vertu contra furore
prendera l'arme, et fia 'l combatter corto:
che l'antiquo valore
ne gli italici cor' non e anchor morto.
Signor', mirate come 'l tempo vola,
et si come la vita
fugge, et la morte n'e sovra le spalle.
Voi siete or qui; pensate a la partita:
che l'alma ignuda et sola
conven ch'arrive a quel dubbioso calle.
Al passar questa valle
piacciavi porre giu l'odio et lo sdegno,
venti contrari a la vita serena;
et quel che 'n altrui pena
tempo si spende, in qualche acto piu degno
o di mano o d'ingegno,
in qualche bella lode,
in qualche honesto studio si converta:
cosi qua giu si gode,
et la strada del ciel si trova aperta.
Canzone, io t'ammonisco
che tua ragion cortesemente dica,
perche fra gente altera ir ti convene,
et le voglie son piene
gia de l'usanza pessima et antica,
del ver sempre nemica.
Proverai tua ventura
fra' magnanimi pochi a chi 'l ben piace.
Di' lor: " Chi m'assicura?
I' vo gridando: Pace, pace, pace. "
Di pensier in pensier, di monte in monte
mi guida Amor, ch'ogni segnato calle
provo contrario a la tranquilla vita.
perch'alquanti di lor non fur mortali:
ch'e bel morir, mentre la vita e dextra.
Ma 'l sovrastar ne la pregion terrestra
cagion m'e, lasso, d'infiniti mali;
et piu mi duol che fien meco immortali,
poi che l'alma dal cor non si scapestra.
Misera, che devrebbe esser accorta
per lunga experientia omai che 'l tempo
non e chi 'ndietro volga, o chi l'affreni.
Piu volte l'o con ta' parole scorta:
Vattene, trista, che non va per tempo
chi dopo lassa i suoi di piu sereni.
Si tosto come aven che l'arco scocchi,
buon sagittario di lontan discerne
qual colpo e da sprezzare, et qual d'averne
fede ch'al destinato segno tocchi:
similmente il colpo de' vostr'occhi,
donna, sentiste a le mie parti interne
dritto passare, onde conven ch'eterne
lagrime per la piaga il cor trabocchi.
Et certo son che voi diceste allora:
Misero amante, a che vaghezza il mena?
Ecco lo strale onde Amor vol che mora.
Ora veggendo come 'l duol m'affrena,
quel che mi fanno i miei nemici anchora
non e per morte, ma per piu mia pena.
Poi che mia speme e lunga a venir troppo,
et de la vita il trappassar si corto,
vorreimi a miglior tempo esser accorto,
per fuggir dietro piu che di galoppo;
et fuggo anchor cosi debile et zoppo
da l'un de' lati, ove 'l desio m'a storto:
securo omai, ma pur nel viso porto
segni ch'i'o presi a l'amoroso intoppo.
Ond'io consiglio: Voi che siete in via,
volgete i passi; et voi ch'Amore avampa,
non v'indugiate su l'extremo ardore;
che perch'io viva de mille un no scampa;
era ben forte la nemica mia,
et lei vid'io ferita in mezzo 'l core.
Fuggendo la pregione ove Amor m'ebbe
molt'anni a far di me quel ch'a lui parve,
donne mie, lungo fora a ricontarve
quanto la nova liberta m'increbbe.
Diceami il cor che per se non saprebbe
viver un giorno; et poi tra via m'apparve
quel traditore in si mentite larve
che piu saggio di me inganato avrebbe.
Onde piu volte sospirando indietro
dissi: Ohime, il giogo et le catene e i ceppi
eran piu dolci che l'andare sciolto.
Misero me, che tardo il mio mal seppi;
et con quanta faticha oggi mi spetro
de l'errore, ov'io stesso m'era involto!
Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
che 'n mille dolci nodi gli avolgea,
e l'vago lume oltra misura ardea
di quei begli occhi, ch'or ne son si scarsi;
e 'l viso di pietosi color' farsi,
non so se vero o falso, mi parea:
i' che l'esca amorosa al petto avea,
qual meraviglia se di subito arsi?
Non era l'andar suo cosa mortale,
ma d'angelica forma; et le parole
sonavan altro, che pur voce humana.
Uno spirito celeste, un vivo sole
fu quel ch'i'vidi: et se non fosse or tale,
piagha per allentar d'arco non sana.
La bella donna che cotanto amavi
subitamente s'e da noi partita,
et per quel ch'io ne speri al ciel salita,
si furon gli atti suoi dolci soavi.
Tempo e da ricovrare ambo le chiavi
del tuo cor, ch'ella possedeva in vita,
et seguir lei per via dritta expedita:
peso terren non sia piu che t'aggravi.
Poi che se' sgombro de la maggior salma,
l'altre puoi giuso agevolmente porre,
sallendo quasi un pellegrino scarco.
Ben vedi omai si come a morte corre
ogni cosa creata, et quanto all'alma
bisogna ir lieve al periglioso varco.
Piangete, donne, et con voi pianga Amore;
piangete, amanti, per ciascun paese,
poi ch'e morto collui che tutto intese
in farvi, mentre visse, al mondo honore.
Io per me prego il mio acerbo dolore,
non sian da lui le lagrime contese,
et mi sia di sospir' tanto cortese,
quanto bisogna a disfogare il core.
Piangan le rime anchor, piangano i versi,
perche 'l nostro amoroso messer Cino
novellamente s'e da noi partito.
Pianga Pistoia, e i citadin perversi
che perduto anno si dolce vicino;
et rallegresi il cielo, ov'ello e gito.
Piu volte Amor m'avea gia detto: Scrivi,
scrivi quel che vedesti in lettre d'oro,
si come i miei seguaci discoloro,
e 'n un momento gli fo morti et vivi.
Un tempo fu che 'n te stesso 'l sentivi,
volgare exemplo a l'amoroso choro;
poi di man mi ti tolse altro lavoro;
ma gia ti raggiuns'io mentre fuggivi.
E se 'begli occhi, ond'io me ti mostrai
et la dov'era il mio dolce ridutto
quando ti ruppi al cor tanta durezza,
mi rendon l'arco ch'ogni cosa spezza,
forse non avrai sempre il viso asciutto:
ch'i' mi pasco di lagrime, et tu 'l sai.
Quando giugne per gli occhi al cor profondo
l'imagin donna, ogni altra indi si parte,
et le vertu che l'anima comparte
lascian le menbra, quasi immobil pondo.
Et del primo miracolo il secondo
nasce talor, che la scacciata parte
da se stessa fuggendo arriva in parte
che fa vendetta e 'l suo exilio giocondo.
Quinci in duo volti un color morto appare,
perche 'l vigor che vivi gli mostrava
da nessun lato e piu la dove stava.
Et di questo in quel di mi ricordava,
ch'i' vidi duo amanti trasformare,
et far qual io mi soglio in vista fare.
Cosi potess'io ben chiuder in versi
i miei pensier', come nel cor gli chiudo,
ch'animo al mondo non fu mai si crudo
ch'i' non facessi per pieta dolersi.
Ma voi, occhi beati, ond'io soffersi
quel colpo, ove non valse elmo ne scudo,
di for et dentro mi vedete ignudo,
benche 'n lamenti il duol non si riversi.
Poi che vostro vedere in me risplende,
come raggio di sol traluce in vetro,
basti dunque il desio senza ch'io dica.
Lasso, non a Maria, non nocque a Pietro
la fede, ch'a me sol tanto e nemica;
et so ch'altri che voi nessun m'intende.
Io son de l'aspectar omai si vinto,
et de la lunga guerra de' sospiri,
ch'i' aggio in odio la speme e i desiri,
ed ogni laccio ond'e 'l mio core avinto.
Ma 'l bel viso leggiadro che depinto
porto nel petto, et veggio ove ch'io miri,
mi sforza; onde ne' primi empii martiri
pur son contra mia voglia risospinto.
Allor errai quando l'antica strada
di liberta mi fu precisa et tolta,
che mal si segue cio ch'agli occhi agrada;
allor corse al suo mal libera et sciolta:
ora a posta d'altrui conven che vada
l'anima che pecco sol una volta.
Ahi bella liberta, come tu m'ai,
partendoti da me, mostrato quale
era 'l mio stato, quando il primo strale
fece la piagha ond'io non guerro mai!
Gli occhi invaghiro allor si de' lor guai,
che 'l fren de la ragione ivi non vale,
perch'anno a schifo ogni opera mortale:
lasso, cosi da prima gli avezzai!
Ne mi lece ascoltar chi non ragiona
de la mia morte; et solo del suo nome
vo empiendo l'aere, che si dolce sona.
Amor in altra parte non mi sprona,
ne i pie' sanno altra via, ne le man' come
lodar si possa in carte altra persona.
Orso, al vostro destrier si po ben porre
un fren, che di suo corso indietro il volga;
ma 'l cor chi leghera, che non si sciolga,
se brama honore, e 'l suo contrario abhorre?
Non sospirate: a lui non si po torre
suo pregio, perch'a voi l'andar si tolga;
che, come fama publica divolga,
egli e gia la, che null'altro il precorre.
Basti che si ritrove in mezzo 'l campo
al destinato di, sotto quell'arme
che gli da il tempo, amor, vertute e 'l sangue,
gridando: D'un gentil desire avampo
col signor mio, che non po seguitarme,
et del non esser qui si strugge et langue.
Poi che voi et io piu volte abbiam provato
come 'l nostro sperar torna fallace,
dietro a quel sommo ben che mai non spiace
levate il core a piu felice stato.
Questa vita terrena e quasi un prato,
che 'l serpente tra' fiori et l'erba giace;
et s'alcuna sua vista agli occhi piace,
e per lassar piu l'animo invescato.
Voi dunque, se cercate aver la mente
anzi l'extremo di queta gia mai,
seguite i pochi, et non la volgar gente.
Ben si puo dire a me: Frate, tu vai
mostrando altrui la via, dove sovente
fosti smarrito, et or se' piu che mai.
Quella fenestra ove l'un sol si vede,
quando a lui piace, et l'altro in su la nona;
et quella dove l'aere freddo suona
ne' brevi giorni, quando borrea 'l fiede;
e 'l sasso, ove a' gran di pensosa siede
madonna, et sola seco si ragiona,
con quanti luoghi sua bella persona
copri mai d'ombra, o disegno col piede;
e 'l fiero passo ove m'agiunse Amore;
e lla nova stagion che d'anno in anno
mi rinfresca in quel di l'antiche piaghe;
e 'l volto, et le parole che mi stanno
altamente confitte in mezzo 'l core,
fanno le luci mie di pianger vaghe.
Lasso, ben so che dolorose prede
di noi fa quella ch'a nullo huom perdona,
et che rapidamente n'abandona
il mondo, et picciol tempo ne tien fede;
veggio a molto languir poca mercede,
et gia l'ultimo di nel cor mi tuona:
per tutto questo Amor non mi spregiona,
che l'usato tributo agli occhi chiede.
So come i di, come i momenti et l'ore,
ne portan gli anni; et non ricevo inganno,
ma forza assai maggior che d'arti maghe.
La voglia et la ragion combattuto anno
sette et sette anni; et vincera il migliore,
s'anime son qua giu del ben presaghe.
Cesare, poi che 'l traditor d'Egitto
li fece il don de l'onorata testa,
celando l'allegrezza manifesta,
pianse per gli occhi fuor si come e scritto;
et Hanibal, quando a l'imperio afflitto
vide farsi Fortuna si molesta,
rise fra gente lagrimosa et mesta
per isfogare il suo acerbo despitto.
Et cosi aven che l'animo ciascuna
sua passion sotto 'l contrario manto
ricopre co la vista or chiara or bruna:
pero, s'alcuna volta io rido o canto,
facciol, perch'i' non o se non quest'una
via da celare il mio angoscioso pianto.
Vinse Hanibal, et non seppe usar poi
ben la vittoriosa sua ventura:
pero, signor mio caro, aggiate cura,
che similmente non avegna a voi.
L'orsa, rabbiosa per gli orsacchi suoi,
che trovaron di maggio aspra pastura,
rode se dentro, e i denti et l'unghie endura
per vendicar suoi danni sopra noi.
Mentre 'l novo dolor dunque l'accora,
non riponete l'onorata spada,
anzi seguite la dove vi chiama
vostra fortuna dritto per la strada
che vi puo dar, dopo la morte anchora
mille et mille anni, al mondo honor et fama.
L'aspectata vertu, che 'n voi fioriva
quando Amor comincio darvi bataglia,
produce or frutto, che quel fiore aguaglia,
et che mia speme fa venire a riva.
Pero mi dice il cor ch'io in carte scriva
cosa, onde 'l vostro nome in pregio saglia,
che 'n nulla parte si saldo s'intaglia
per far di marmo una persona viva.
Credete voi che Cesare o Marcello
o Paolo od Affrican fossin cotali
per incude gia mai ne per martello?
Pandolfo mio, quest'opere son frali
a ll lungo andar, ma 'l nostro studio e quello
che fa per fama gli uomini immortali.
Mai non vo' piu cantar com'io soleva,
ch'altri no m'intendeva, ond'ebbi scorno;
et puossi in bel soggiorno esser molesto.
Il sempre sospirar nulla releva;
gia su per l'Alpi neva d'ogn' 'ntorno;
et e gia presso al giorno: ond'io son desto.
Un acto dolce honesto e gentil cosa;
et in donna amorosa anchor m'aggrada,
che 'n vista vada altera et disdegnosa,
non superba et ritrosa:
Amor regge suo imperio senza spada.
Chi smarrita a la strada, torni indietro;
chi non a albergo, posisi in sul verde;
chi non a l'auro, o 'l perde,
spenga la sete sua con un bel vetro.
I'die' in guarda a san Pietro; or non piu, no:
intendami chi po, ch'i' m'intend'io.
Grave soma e un mal fio a mantenerlo:
quando posso mi spetro, et sol mi sto.
Fetonte odo che 'n Po cadde, et morio;
et gia di la dal rio passato e 'l merlo:
deh, venite a vederlo. Or i' non voglio:
non e gioco uno scoglio in mezzo l'onde,
e 'ntra le fronde il visco. Assai mi doglio
quando un soverchio orgoglio
molte vertuti in bella donna asconde.
Alcun e che risponde a chi nol chiama;
altri, chi 'il prega, si delegua et fugge;
altri al ghiaccio si strugge;
altri di et notte la sua morte brama.
Proverbio "ama chi t'ama" e fatto antico.
I' so ben quel ch'io dico: or lass'andare,
che conven ch'altri impare a le sue spese.
Un' humil donna grama un dolce amico.
Mal si conosce il fico. A me pur pare
senno a non cominciar tropp'alte imprese;
et per ogni paese e bona stanza.
L'infinita speranza occide altrui;
et anch'io fui alcuna volta in danza.
Quel poco che m'avanza
fia chi nol schifi, s'i' 'l vo' dare a lui.
I' mi fido in Colui che 'l mondo regge,
et che' seguaci Suoi nel boscho alberga,
che con pietosa verga
mi meni a passo omai tra le Sue gregge.
Forse ch'ogni uom che legge non s'intende;
et la rete tal tende che non piglia;
et chi troppo assotiglia si scavezza.
Non fia zoppa la legge ov'altri attende.
Per bene star si scende molte miglia.
Tal par gran meraviglia, et poi si sprezza.
Una chiusa bellezza e piu soave.
Benedetta la chiave che s'avvolse
al cor, et sciolse l'alma, et scossa l'ave
di catena si grave,
e 'nfiniti sospir' del mio sen tolse!
La dove piu mi dolse, altri si dole,
et dolendo adolcisse il mio dolore:
ond'io ringratio Amore
che piu nol sento, et e non men che suole.
In silentio parole accorte et sagge,
e 'l suon che mi sottragge ogni altra cura,
et la pregione oscura ov'e 'l bel lume;
le nocturne viole per le piagge,
et le le fere selvagge entr'a le mura,
et la dolce paura, e 'l bel costume,
et di duo fonti un fiume in pace volto
dov'io bramo, et raccolto ove che sia:
Amor et Gelosia m'anno il cor tolto,
e i segni del bel volto
che mi conducon per piu piana via
a la speranza mia, al fin degli affanni.
O riposto mio bene, et quel che segue,
or pace or guerra or triegue,
mai non m'abbandonate in questi panni.
De' passati miei danni piango et rido,
perche molto mi fido in quel ch'i' odo.
Del presente mi godo, et meglio aspetto,
et vo contando gli anni, et taccio et grido.
E 'n bel ramo m'annido, et in tal modo
ch'i' ne ringratio et lodo il gran disdetto
che l'indurato affecto alfine a vinto,
et ne l'alma depinto "I sare' udito,
et mostratone a dito", et anne extinto
(tanto inanzi son pinto,
ch'i' 'l pur diro) "Non fostu tant'ardito":
chi m'a 'l fianco ferito, et chi 'l risalda,
per cui nel cor via piu che 'n carta scrivo;
chi mi fa morto et vivo,
chi 'n un punto m'agghiaccia et mi riscalda.
Nova angeletta sovra l'ale accorta
scese dal cielo in su la fresca riva,
la 'nd'io passava sol per mio destino.
Poi che senza compagna et senza scorta
mi vide, un laccio che di seta ordiva
tese fra l'erba, ond'e verde il camino.
Allor fui preso; et non mi spiacque poi,
si dolce lume uscia degli occhi suoi.
Non veggio ove scampar mi possa omai:
si lunga guerra i begli occhi mi fanno,
ch'i' temo, lasso, no 'l soverchio affanno
distruga 'l cor che triegua non a mai.
Fuggir vorrei; ma gli amorosi rai,
che di et notte ne la mente stanno,
risplendon si, ch'al quintodecimo anno
m'abbaglian piu che 'l primo giorno assai;
et l'imagine lor son si cosparte
che volver non mi posso, ov'io non veggia
o quella o simil indi accesa luce.
Solo d'un lauro tal selva verdeggia
che 'l mio adversario con mirabil arte
vago fra i rami ovunque vuol m'adduce.
Aventuroso piu d'altro terreno,
ov'Amor vidi gia fermar le piante
ver' me volgendo quelle luci sante
che fanno intorno a se l'aere sereno,
prima poria per tempo venir meno
un'imagine salda di diamante
che l'atto dolce non mi stia davante
del qual o la memoria e 'l cor si pieno:
ne tante volte ti vedro gia mai
ch'i' non m'inchini a ricercar de l'orme
che 'l bel pie' fece in quel cortese giro.
Ma se 'n cor valoroso Amor non dorme,
prega, Sennuccio mio, quand 'l vedrai,
di qualche lagrimetta, o d'un sospiro.
Lasso, quante fiate Amor m'assale,
che fra la notte e 'l di son piu di mille,
torno dov'arder vidi le faville
che 'l foco del mio cor fanno immortale.
Ivi m'acqueto; et son condotto a tale,
ch'a nona, a vespro, a l'alba et a le squille
le trovo nel pensier tanto tranquille
che di null'altro mi rimembra o cale.
L'aura soave che dal chiaro viso
move col suon de le parole accorte
per far dolce sereno ovunque spira,
quasi un spirto gentil di paradiso
sempre in quell'aere par che mi conforte,
si che 'l cor lasso altrove non respira.
Persequendomi Amor al luogo usato,
ristretto in guisa d'uom ch'aspetta guerra,
che si provede, e i passi intorno serra,
de' miei antichi pensier' mi stava armato.
Volsimi, et vidi un'ombra che da lato
stampava il sole, et riconobbi in terra
quella che, se 'l giudicio mio non erra,
era piu degna d'immortale stato.
I' dicea fra mio cor: Perche paventi?
Ma non fu prima dentro il penser giunto
che i raggi, ov'io mi struggo, eran presenti.
Come col balenar tona in un punto,
cosi fu' io de' begli occhi lucenti
et d'un dolce saluto inseme aggiunto.
La donna che 'l mio cor nel viso porta,
la dove sol fra bei pensier' d'amore
sedea, m'apparve; et io per farle honore
mossi con fronte reverente et smorta.
Tosto che del mio stato fussi accorta,
a me si volse in si novo colore
ch'avrebbe a Giove nel maggior furore
tolto l'arme di mano, et l'ira morta.
I' mi riscossi; et ella oltra, parlando,
passo, che la parola i' non soffersi,
ne 'l dolce sfavillar degli occhi suoi.
Or mi ritrovo pien di si diversi
piaceri, in quel saluto ripensando,
che duol non sento, ne senti' ma' poi.
Sennuccio, i' vo' che sapi in qual manera
tractato sono, et qual vita e la mia:
ardomi et struggo anchor com'io solia;
l'aura mi volve, et son pur quel ch'i'm'era.
Qui tutta humile, et qui la vidi altera,
or aspra, or piana, or dispietata, or pia;
or vestirsi honestate, or leggiadria,
or mansueta, or disdegnosa et fera.
Qui canto dolcemente, et qui s'assise;
qui si rivolse, et qui rattenne il passo;
qui co' begli occhi mi trafisse il core;
qui disse una parola, et qui sorrise;
qui cangio 'l viso. In questi pensier', lasso,
nocte et di tiemmi il signor nostro Amore.
Qui dove mezzo son, Sennuccio mio,
(cosi ci foss'io intero, et voi contento),
venni fuggendo la tempesta e 'l vento
c'anno subito fatto il tempo rio.
Qui son securo: et vo' vi dir perch'io
non come soglio il folgorar pavento,
et perche mitigato, nonche spento,
nemicha trovo il mio ardente desio.
Tosto che giunto a l'amorosa reggia
vidi onde nacque l'aura dolce et pura
ch'acqueta l'aere, et mette i tuoni in bando,
Amor ne l'alma, ov'ella signoreggia,
raccese 'l foco, et spense la paura:
che farrei dunque gli occhi suoi guardando?
De l'empia Babilonia, ond'e fuggita
ogni vergogna, ond'ogni bene e fori,
albergo di dolor, madre d'errori,
son fuggito io per allungar la vita.
Qui mi sto solo; et come Amor m'invita,
or rime et versi, or colgo herbette et fiori,
seco parlando, et a tempi migliori
sempre pensando: et questo sol m'aita.
Ne del vulgo mi cal, ne di Fortuna,
ne di me molto, ne di cosa vile,
ne dentro sento ne di fuor gran caldo.
Sol due persone cheggio; et vorrei l'una
col cor ver' me pacificato humile,
l'altro col pie', si come mai fu, saldo.
In mezzo di duo amanti honesta altera
vidi una donna, et quel signor co lei
che fra gli uomini regna et fra li dei;
et da l'un lato il Sole, io da l'altro era.
Poi che s'accorse chiusa da la spera
de l'amico piu bello, agli occhi miei
tutta lieta si volse, et ben vorrei
che mai non fosse inver' di me piu fera.
Subito in alleggrezza si converse
la gelosia che 'n su la prima vista
per si alto adversario al cor mi nacque.
A lui la faccia lagrimosa et trista
un nuviletto intorno ricoverse:
cotanto l'esser vinto li dispiacque.
Pien di quella ineffabile dolcezza
che del bel viso trassen gli occhi miei
nel di che volentier chiusi gli avrei
per non mirar gia mai minor bellezza,
lassai quel ch'i 'piu bramo; et o si avezza
la mente a contemplar sola costei,
ch'altro non vede, et cio che non e lei
gia per antica usanza odia et disprezza.
In una valle chiusa d'ogni 'ntorno,
ch'e refrigerio de' sospir' miei lassi,
giunsi sol com Amor, pensoso et tardo.
Ivi non donne, ma fontane et sassi,
et l'imagine trovo di quel giorno
che 'l pensier mio figura, ovunque io sguardo.
Se 'l sasso, ond'e piu chiusa questa valle,
di che 'l suo proprio nome si deriva,
tenesse volto per natura schiva
a Roma il viso et a Babel le spalle,
i miei sospiri piu benigno calle
avrian per gire ove lor spene e viva:
or vanno sparsi, et pur ciascuno arriva
la dov'io il mando, che sol un non falle.
Et son di la si dolcemente accolti,
com'io m'accorgo, che nessun mai torna:
con tal diletto in quelle parti stanno.
Degli occhi e 'l duol, che, tosto che s'aggiorna,
per gran desio de' be' luoghi a lor tolti,
danno a me pianto, et a' pie' lassi affanno.
Rimansi a dietro il sestodecimo anno
de' miei sospiri, et io trapasso inanzi
verso l'extremo; et parmi che pur dianzi
fosse 'l principio di cotanto affanno.
L'amar m'e dolce, et util il mio danno,
e 'l viver grave; et prego ch'egli avanzi
l'empia Fortuna, et temo no chiuda anzi
Morte i begli occhi che parlar mi fanno.
Or qui son, lasso, et voglio esser altrove;
et vorrei piu volere, et piu non voglio;
et per piu non poter fo quant'io posso;
e d'antichi desir' lagrime nove
provan com'io son pur quel ch'i' mi soglio,
ne per mille rivolte anchor son mosso.
Una donna piu bella assai che 'l sole,
et piu lucente, et d'altrettanta etade,
con famosa beltade,
acerbo anchor mi trasse a la sua schiera.
Questa in penseri, in opre et in parole
(pero ch'e de le cose al mondo rade),
questa per mille strade
sempre inanzi mi fu leggiadra altera.
Solo per lei tornai da quel ch'i' era,
poi ch'i' soffersi gli occhi suoi da presso;
per suo amor m'er'io messo
a faticosa impresa assai per tempo:
tal che, s'i'arrivo al disiato porto,
spero per lei gran tempo
viver, quand'altri mi terra per morto.
Questa mia donna mi meno molt'anni
pien di vaghezza giovenile ardendo,
si come ora io comprendo,
sol per aver di me piu certa prova,
mostrandomi pur l'ombra o 'l velo o' panni
talor di se, ma 'l viso nascondendo;
et io, lasso, credendo
vederne assai, tutta l'eta mia nova
passai contento, e 'l rimembrar mi giova,
poi ch'alquanto di lei veggi'or piu inanzi.
I'dico che pur dianzi
qual io non l'avea vista infin allora,
mi si scoverse: onde mi nacque un ghiaccio
nel core, et evvi anchora,
et sara sempre fin ch'i' le sia in braccio.
Ma non me 'l tolse la paura o 'l gielo
che pur tanta baldanza al mio cor diedi
ch'i' le mi strinsi a' piedi
per piu dolcezza trar de gli occhi suoi;
et ella, che remosso avea gia il velo
dinanzi a' miei, mi disse: " Amico, or vedi
com'io son bella, et chiedi
quanto par si convenga agli anni tuoi. "
" Madonna " dissi " gia gran tempo in voi
posi 'l mio amor, ch'i' sento or si infiammato,
ond'a me in questo stato
altro voler o disvoler m'e tolto. "
Con voce allor di si mirabil' tempre
rispose, et con un volto
che temer et sperar mi fara sempre:
Rado fu al mondo fra cosi gran turba
ch'udendo ragionar del mio valore
non si sentisse al core
per breve tempo almen qualche favilla;
ma l'adversaria mia che 'l ben perturba
tosto la spegne, ond'ogni vertu more
et regna altro signore
che promette una vita piu tranquilla.
De la tua mente Amor, che prima aprilla,
mi dice cose veramente ond'io
veggio che 'l gran desio
pur d'onorato fin ti fara degno;
et come gia se' de' miei rari amici,
donna vedrai per segno
che fara gli occhi tuoi via piu felici.
I' volea dir: " Quest'e impossibil cosa ";
quand'ella: " Or mira " et leva' gli occhi un poco
in piu riposto loco "
donna ch'a pochi si mostro gia mai. "
Ratto inchinai la fronte vergognosa,
sentendo novo dentro maggior foco;
et ella il prese in gioco,
dicendo: " I' veggio ben dove tu stai.
Si come 'l sol con suoi possenti rai
fa subito sparire ogni altra stella,
cosi par or men bella
la vista mia cui maggiore luce preme.
Ma io pero da' miei non ti diparto,
che questa et me d'un seme,
lei davanti et me poi, produsse un parto. "
Ruppesi intanto di vergogna il nodo
ch'a la mia lingua era distretto intorno
su nel primiero scorno,
allor quand'io del suo accorger m'accorsi;
e 'ncominciai: " S'egli e ver quel ch'i' odo,
beato il padre, et benedetto il giorno
ch'a di voi il mondo adorno,
et tutto 'l tempo ch'a vedervi io corsi;
et se mai da la via dritta mi torsi,
duolmene forte, assai piu ch'i' non mostro;
ma se de l'esser vostro
fossi degno udir piu, del desir ardo. "
Pensosa mi rispose, et cosi fiso
tenne il suo dolce sguardo
ch'al cor mando co le parole il viso:
" Si come piacque al nostro eterno padre,
ciascuna di noi due nacque immortale.
Miseri, a voi che vale?
Me' v'era che da noi fosse il defecto.
Amate, belle, gioveni et leggiadre
fummo alcun tempo: et or siam giunte a tale
che costei batte l'ale
per tornar a l'anticho suo ricetto;
i' per me sono un'ombra. Et or t'o detto
quanto per te si breve intender puossi. "
Poi che i pie' suoi fur mossi,
dicendo: " Non temer ch'i' m'allontani ",
di verde lauro una ghirlanda colse,
la qual co le sue mani
intorno intorno a le mie tempie avolse.
Canzon, chi tua ragion chiamasse obscura,
di': " Non o cura, perche tosto spero
ch'altro messaggio il vero
fara in piu chiara voce manifesto.
I' venni sol per isvegliare altrui,
se chi m'impose questo
non m'ingano, quand'io parti' da lui. "
Quelle pietose rime in ch'io m'accorsi
di vostro ingegno et del cortese affecto,
ebben tanto vigor nel mio conspetto
che ratto a questa penna la man porsi
per far voi certo che gli extremi morsi
di quella ch'io con tutto 'l mondo aspetto
mai non senti', ma pur senza sospetto
infin a l'uscio del suo albergo corsi;
poi tornai indietro, perch'io vidi scripto
di sopra 'l limitar che 'l tempo anchora
non era giunto al mio viver prescritto,
bench'io non vi legessi il di ne l'ora.
Dunque s'acqueti omai 'l cor vostro afflitto,
et cerchi huom degno, quando si l'onora.
Or vedi, Amor, che giovenetta donna
tuo regno sprezza, et del mio mal non cura,
et tra duo ta' nemici e si secura.
Tu se' armato, et ella in treccie e 'n gonna
si siede, et scalza, in mezzo i fiori et l'erba,
ver' me spietata, e 'n contra te superba.
I' son pregion; ma se pieta anchor serba
l'arco tuo saldo, et qualchuna saetta,
fa di te et di me, signor, vendetta.
Dicesette anni a gia rivolto il cielo
poi che 'mprima arsi, et gia mai non mi spensi;
ma quando aven ch'al mio stato ripensi,
sento nel mezzo de le fiamme un gielo.
Vero e 'l proverbio, ch'altri cangia il pelo
anzi che 'l vezzo, et per lentar i sensi
gli umani affecti non son meno intensi:
cio ne fa l'ombra ria del grave velo.
Oime lasso, e quando fia quel giorno
che, mirando il fuggir degli anni miei,
esca del foco, et di si lunghe pene?
Vedro mai il di che pur quant'io vorrei
quel'aria dolce del bel viso adorno
piaccia a quest'occhi, et quanto si convene?
Quel vago impallidir che 'l dolce riso
d'un'amorosa nebbia ricoperse,
con tanta maiestade al cor s'offerse
che li si fece incontr'a mezzo 'l viso.
Conobbi allor si come in paradiso
vede l'un l'altro, in tal guisa s'aperse
quel pietoso penser ch'altri non scerse:
ma vidil' io, ch'altrove non m'affiso.
Ogni angelica vista, ogni atto humile
che gia mai in donna ov'amor fosse apparve,
fora uno sdegno a lato a quel ch'i' dico.
Chinava a terra il bel guardo gentile,
et tacendo dicea, come a me parve:
Chi m'allontana il mio fedele amico?
Amor, Fortuna et la mia mente, schiva
di quel che vede e nel passato volta,
m'affligon si, ch'io porto alcuna volta
invidia a quei che son su l'altra riva.
Amor mi strugge 'l cor, Fortuna il priva
d'ogni conforto, onde la mente stolta
s'adira et piange: et cosi in pena molta
sempre conven che combattendo viva.
Ne spero i dolci di tornino indietro,
ma pur di male in peggio quel ch'avanza;
et di mio corso o gia passato 'l mezzo.
Lasso, non di diamante, ma d'un vetro
veggio di man cadermi ogni speranza,
et tutti miei pensier' romper nel mezzo.
Se 'l pensier che mi strugge,
com'e pungente et saldo,
cosi vestisse d'un color conforme,
forse tal m'arde et fugge,
ch'avria parte del caldo,
et desteriasi Amor la dov'or dorme;
men solitarie l'orme
foran de' miei pie' lassi
per campagne et per colli,
men gli occhi ad ognor molli,
ardendo lei che come un ghiaccio stassi,
et non lascia in me dramma
che non sia foco et fiamma.
Pero ch'Amor mi sforza
et di saver mi spoglia,
parlo in rime aspre, et di dolcezza ignude:
ma non sempre a la scorza
ramo, ne in fior, ne 'n foglia
mostra di for sua natural vertude.
Miri cio che 'l cor chiude
Amor et que' begli occhi,
ove si siede a l'ombra.
Se 'l dolor che si sgombra
aven che 'n pianto o in lamentar trabocchi,
l'un a me noce et l'altro
altrui, ch'io non lo scaltro.
Dolci rime leggiadre
che nel primiero assalto
d'Amor usai, quand'io non ebbi altr'arme,
chi verra mai che squadre
questo mio cor di smalto
ch'almen com'io solea possa sfogarme?
Ch'aver dentro a lui parme
un che madonna sempre
depinge et de lei parla:
a voler poi ritrarla
per me non basto, et par ch'io me ne stempre.
Lasso, cosi m'e scorso
lo mio dolce soccorso.
Come fanciul ch'a pena
volge la lingua et snoda,
che dir non sa, ma 'l piu tacer gli e noia,
cosi 'l desir mi mena
a dire, et vo' che m'oda
la dolce mia nemica anzi ch'io moia.
Se forse ogni sua gioia
nel suo bel viso e solo,
et di tutt'altro e schiva,
odil tu, verde riva,
e presta a' miei sospir' si largo volo,
che sempre si ridica
come tu m'eri amica.
Ben sai che si bel piede
non toccho terra unquancho
come quel di che gia segnata fosti;
onde 'l cor lasso riede
col tormentoso fiancho
a partir teco i lor pensier' nascosti.
Cosi avestu riposti
de' be' vestigi sparsi
anchor tra' fiori et l'erba,
che la mia vita acerba,
lagrimando, trovasse ove acquetarsi!
Ma come po s'appaga
l'alma dubbiosa et vaga.
Ovunque gli occhi volgo
trovo un dolce sereno
pensando: Qui percosse il vago lume.
Qualunque herba o fior colgo
credo che nel terreno
aggia radice, ov'ella ebbe in costume
gir fra le piagge e 'l fiume,
et talor farsi un seggio
fresco, fiorito et verde.
Cosi nulla se 'n perde,
et piu certezza averne fora il peggio.
Spirto beato, quale
se', quando altrui fai tale?
O poverella mia, come se' rozza!
Credo che tel conoschi:
rimanti in questi boschi.
Chiare, fresche et dolci acque,
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo ove piacque
(con sospir' mi rimembra)
a lei di fare al bel fiancho colonna;
herba et fior' che la gonna
leggiadra ricoverse
co l'angelico seno;
aere sacro, sereno,
ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse:
date udienza insieme
a le dolenti mie parole extreme.
S'egli e pur mio destino
e 'l cielo in cio s'adopra,
ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda,
qualche gratia il meschino
corpo fra voi ricopra,
et torni l'alma al proprio albergo ignuda.
La morte fia men cruda
se questa spene porto
a quel dubbioso passo:
che lo spirito lasso
non poria mai in piu riposato porto
ne in piu tranquilla fossa
fuggir la carne travagliata et l'ossa.
Tempo verra anchor forse
ch'a l'usato soggiorno
torni la fera bella et mansueta,
et la 'v'ella mi scorse
nel benedetto giorno,
volga la vista disiosa et lieta,
cercandomi; et, o pieta!,
gia terra in fra le pietre
vedendo, Amor l'inspiri
in guisa che sospiri
si dolcemente che merce m'impetre,
et faccia forza al cielo,
asciugandosi gli occhi col bel velo.
Da' be' rami scendea
(dolce ne la memoria)
una pioggia di fior' sovra 'l suo grembo;
et ella si sedea
humile in tanta gloria,
coverta gia de l'amoroso nembo.
Qual fior cadea sul lembo,
qual su le treccie bionde,
ch'oro forbito et perle
eran quel di a vederle;
qual si posava in terra, et qual su l'onde;
qual con un vago errore
girando parea dir: " Qui regna Amore. "
Quante volte diss'io
allor pien di spavento:
Costei per fermo nacque in paradiso.
Cosi carco d'oblio
il divin portamento
e 'l volto e le parole e 'l dolce riso
m'aveano, et si diviso
da l'imagine vera,
ch'i' dicea sospirando:
Qui come venn'io, o quando?;
credendo d'esser in ciel, non la dov'era.
Da indi in qua mi piace
questa herba si, ch'altrove non o pace.
Se tu avessi ornamenti quant'ai voglia,
poresti arditamente
uscir del boscho, et gir in fra la gente.
In quella parte dove Amor mi sprona
conven ch'io volga le dogliose rime,
che son seguaci de la mente afflicta.
Quai fien ultime, lasso, et qua' fien prime?
Collui che del mio mal meco ragiona
mi lascia in dubbio, si confuso ditta.
Ma pur quanto l'istoria trovo scripta
in mezzo 'l cor (che si spesso rincorro)
co la sua propria man de' miei martiri,
diro, perche i sospiri
parlando an triegua, et al dolor soccorro.
Dico che, perch'io miri
mille cose diverse attento et fiso,
sol una donna veggio, e 'l suo bel viso.
Poi che la dispietata mia ventura
m'a dilungato dal maggior mio bene,
noiosa, inexorabile et superba,
Amor col rimembrar sol mi mantene:
onde s'io veggio in giovenil figura
incominciarsi il mondo a vestir d'erba,
parmi vedere in quella etate acerba
la bella giovenetta, ch'ora e donna;
poi che sormonta riscaldando il sole,
parmi qual esser sole,
fiamma d'amor che 'n cor alto s'endonna;
ma quando il di si dole
di lui che passo passo a dietro torni,
veggio lei giunta a' suoi perfecti giorni.
In ramo fronde, over viole in terra,
mirando a la stagion che 'l freddo perde,
et le stelle miglior' acquistan forza,
ne gli occhi o pur le violette e 'l verde
di ch'era nel principio de mia guerra
Amor armato, si ch'anchor mi sforza,
et quella dolce leggiadretta scorza
che ricopria le pargolette membra
dove oggi alberga l'anima gentile
ch'ogni altro piacer vile
sembiar mi fa: si forte mi rimembra
del portamento humile
ch'allor fioriva, et poi crebbe anzi agli anni,
cagion sola et riposo de' miei affanni.
Qualor tenera neve per li colli
dal sol percossa veggio di lontano,
come 'l sol neve, mi governa Amore,
pensando nel bel viso piu che humano
che po da lunge gli occhi miei far molli,
ma da presso gli abbaglia, et vince il core:
ove fra 'l biancho et l'aureo colore,
sempre si mostra quel che mai non vide
occhio mortal, ch'io creda, altro che 'l mio;
et del caldo desio,
che, quando sospirando ella sorride,
m'infiamma si che oblio
niente aprezza, ma diventa eterno,
ne state il cangia, ne lo spegne il verno.
Non vidi mai dopo nocturna pioggia
gir per l'aere sereno stelle erranti,
et fiammeggiar fra la rugiada e 'l gielo,
ch'i' non avesse i begli occhi davanti
ove la stancha mia vita s'appoggia,
quali io gli vidi a l'ombra di un bel velo;
et si come di lor bellezze il cielo
splendea quel di, cosi bagnati anchora
li veggio sfavillare, ond'io sempre ardo.
Se 'l sol levarsi sguardo,
sento il lume apparir che m'innamora;
se tramontarsi al tardo,
parmel veder quando si volge altrove
lassando tenebroso onde si move.
Se mai candide rose con vermiglie
in vasel d'oro vider gli occhi miei
allor allor da vergine man colte,
veder pensaro il viso di colei
ch'avanza tutte l'altre meraviglie
con tre belle excellentie in lui raccolte:
le bionde treccie sopra 'l collo sciolte,
ov'ogni lacte perderia sua prova,
e le guancie ch'adorna un dolce foco.
Ma pur che l'ora un poco
fior' bianchi et gialli per le piaggie mova,
torna a la mente il loco
e 'l primo di ch'i' vidi a l'aura sparsi
i capei d'oro, ond'io si subito arsi,
Ad una ad una annoverar le stelle,
e 'n picciol vetro chiuder tutte l'acque,
forse credea, quando in si poca carta
novo penser di ricontar mi nacque
in quante parti il fior de l'altre belle,
stando in se stessa, a la sua luce sparta
a cio che mai da lei non mi diparta:
ne faro io; et se pur talor fuggo,
in cielo e'n terra m'ha rachiuso i passi,
perch'agli occhi miei lassi
sempre e presente, ond'io tutto mi struggo.
Et cosi meco stassi,
ch'altra non veggio mai, ne veder bramo,
ne 'l nome d'altra ne sospir' miei chiamo.
Ben sai, canzon, che quant'io parlo e nulla
al celato amoroso mio pensero,
che di et nocte ne la mente porto,
solo per cui conforto
in cosi lunga guerra ancho non pero:
che ben m'avria gia morto
la lontananza del mio cor piangendo,
ma quinci da la morte indugio prendo.
Italia mia, benche 'l parlar sia indarno
a le piaghe mortali
che nel bel corpo tuo si spesse veggio,
piacemi almen che ' miei sospir' sian quali
spera 'l Tevero et l'Arno,
e 'l Po, dove doglioso et grave or seggio.
Rettor del cielo, io cheggio
che la pieta che Ti condusse in terra
Ti volga al Tuo dilecto almo paese.
Vedi, Segnor cortese,
di che lievi cagion' che crudel guerra;
e i cor', che 'ndura et serra
Marte superbo et fero,
apri Tu, Padre, e 'ntenerisci et snoda;
ivi fa che 'l Tuo vero,
qual io mi sia, per la mia lingua s'oda.
Voi cui Fortuna a posto in mano il freno
de le belle contrade,
di che nulla pieta par che vi stringa,
che fan qui tante pellegrine spade?
perche 'l verde terreno
del barbarico sangue si depinga?
Vano error vi lusinga:
poco vedete, et parvi veder molto,
che 'n cor venale amor cercate o fede.
Qual piu gente possede,
colui e piu da' suoi nemici avolto.
O diluvio raccolto
di che deserti strani
per inondar i nostri dolci campi!
Se da le proprie mani
questo n'avene, or chi fia che ne scampi?
Ben provide Natura al nostro stato,
quando de l'Alpi schermo
pose fra noi et la tedesca rabbia;
ma 'l desir cieco, e 'ncontr'al suo ben fermo,
s'e poi tanto ingegnato,
ch'al corpo sano a procurato scabbia.
Or dentro ad una gabbia
fiere selvagge et mansuete gregge
s'annidan si che sempre il miglior geme:
et e questo del seme,
per piu dolor, del popol senza legge,
al qual, come si legge,
Mario aperse si 'l fianco,
che memoria de l'opra ancho non langue,
quando assetato et stanco
non piu bevve del fiume acqua che sangue.
Cesare taccio che per ogni piaggia
fece l'erbe sanguigne
di lor vene, ove 'l nostro ferro mise.
Or par, non so per che stelle maligne,
che 'l cielo in odio n'aggia:
vostra merce, cui tanto si commise.
Vostre voglie divise
guastan del mondo la piu bella parte.
Qual colpa, qual giudicio o qual destino
fastidire il vicino
povero, et le fortune afflicte et sparte
perseguire, e 'n disparte
cercar gente et gradire,
che sparga 'l sangue et venda l'alma a prezzo?
Io parlo per ver dire,
non per odio d'altrui, ne per disprezzo.
Ne v'accorgete anchor per tante prove
del bavarico inganno
ch'alzando il dito colla morte scherza?
Peggio e lo strazio, al mio parer, che 'l danno;
ma 'l vostro sangue piove
piu largamente, ch'altr'ira vi sferza.
Da la matina a terza
di voi pensate, et vederete come
tien caro altrui che tien se cosi vile.
Latin sangue gentile,
sgombra da te queste dannose some;
non far idolo un nome
vano senza soggetto:
che 'l furor de lassu, gente ritrosa,
vincerne d'intellecto,
peccato e nostro, et non natural cosa.
Non e questo 'l terren ch'i' toccai pria?
Non e questo il mio nido
ove nudrito fui si dolcemente?
Non e questa la patria in ch'io mi fido,
madre benigna et pia,
che copre l'un et l'altro mio parente?
Perdio, questo la mente
talor vi mova, et con pieta guardate
le lagrime del popol doloroso,
che sol da voi riposo
dopo Dio spera; et pur che voi mostriate
segno alcun di pietate,
vertu contra furore
prendera l'arme, et fia 'l combatter corto:
che l'antiquo valore
ne gli italici cor' non e anchor morto.
Signor', mirate come 'l tempo vola,
et si come la vita
fugge, et la morte n'e sovra le spalle.
Voi siete or qui; pensate a la partita:
che l'alma ignuda et sola
conven ch'arrive a quel dubbioso calle.
Al passar questa valle
piacciavi porre giu l'odio et lo sdegno,
venti contrari a la vita serena;
et quel che 'n altrui pena
tempo si spende, in qualche acto piu degno
o di mano o d'ingegno,
in qualche bella lode,
in qualche honesto studio si converta:
cosi qua giu si gode,
et la strada del ciel si trova aperta.
Canzone, io t'ammonisco
che tua ragion cortesemente dica,
perche fra gente altera ir ti convene,
et le voglie son piene
gia de l'usanza pessima et antica,
del ver sempre nemica.
Proverai tua ventura
fra' magnanimi pochi a chi 'l ben piace.
Di' lor: " Chi m'assicura?
I' vo gridando: Pace, pace, pace. "
Di pensier in pensier, di monte in monte
mi guida Amor, ch'ogni segnato calle
provo contrario a la tranquilla vita.